Il terzo numero del 2010 di Cittadini in crescita, la rivista di conoscenza e approfondimento del Centro nazionale dedicata alla riflessione sulle politiche per l'infanzia e l'adolescenza, vede fra gli argomenti trattati una ricerca sulle famiglie adottive.
L'articolo firmato da Maria Teresa Tagliaventi, partendo da una recente ricerca promossa dagli enti autorizzati Nova e Cifa, che ha accolto il punto di vista di oltre 200 adottati maggiorenni sulla loro esperienza di figli adottivi, presenta alcune riflessioni su Genitori e figli nel percorso adottivo.
La ricerca si sofferma in particolare sull'edà adulta del figlio adottivo, una delle fasi di vita meno esplorate nella letteratura scientifica sulle adozioni, nonostante si tratti del periodo in cui si possono rilevare con maggiore completezza le conseguenze del vissuto adottivo.
La ricerca in questione, pur rilevando alcune “ombre” nel percorso di inserimento e integrazione dei ragazzi adottivi maggiorenni, sottolinea nel complesso un adattamento sociale positivo. Le problematiche evidenziate in infanzia e adolescenza sembrano infatti destinate progressivamente ad attenuarsi una volta che il ragazzo/a entra nell’età adulta, per fare posto a una condizione di maggiore equilibrio e a una propria visione di futuro propositiva.
L’approfondimento sul percorso formativo dei giovani intervistati fa emergere inevitabilmente le difficoltà scolastiche, con un sesto circa del campione che ha abbandonato gli studi precocemente e un giudizio di uscita dalle scuole medie nel complesso poco brillante Le variabili che sembrano incidere sulle difficoltà scolastiche sono l’età del bambino al momento dell’adozione e il genere. Quanti più anni si hanno all’arrivo in Italia tanto maggiori sono le difficoltà che il maggiorenne ha incontrato durante la sua esperienza scolastica, mentre, come da letteratura sull’argomento, sono i maschi, più delle femmine, ad aver avuto problemi nell’iter formativo.
Un ambito di ricerca interessante è stato l’approfondimento della partecipazione sociale. I risultati evidenziano che mentre la partecipazione sociale di natura più “critica”, come quella di tipo politico, coinvolge gli adottati meno dei figli biologici, lo sport e la religione sembrano costituire, per i primi, i canali di socializzazione preferenziali. Inoltre, gli adottati si adoperano significativamente di più in forme partecipative di volontariato sociale e assistenziale, rispetto ai loro pari figli biologici, sono cioè più propensi verso un tipo di partecipazione prosociale e altruistica.
Indagando il livello di soddisfazione verso differenti aspetti della vita, nonostante le innegabili difficoltà e avversità che i giovani adottati hanno vissuto in prima persona, i figli adottivi evidenziano un maggiore stato di benessere personale e relazionale se messi a confronto col campione di figli naturali. Su questo risultato, che sembrerebbe definire un pieno e positivo inserimento sociale, incidono probabilmente gli elevati livelli di sostegno provenienti dall’ambiente familiare, che compenserebbero i rischi e le difficoltà oggettive degli adottati, come ad esempio il loro rendimento scolastico, e darebbero luogo a maggiori livelli di percezione del benessere e diautostima. A questo c’è da aggiungere una sorta di consapevolezza che i giovani intervistati hanno su un destino che ha loro riservato più possibilità dei loro coetanei rimasti nel Paese di origine.
L'articolo firmato da Maria Teresa Tagliaventi, partendo da una recente ricerca promossa dagli enti autorizzati Nova e Cifa, che ha accolto il punto di vista di oltre 200 adottati maggiorenni sulla loro esperienza di figli adottivi, presenta alcune riflessioni su Genitori e figli nel percorso adottivo.
La ricerca si sofferma in particolare sull'edà adulta del figlio adottivo, una delle fasi di vita meno esplorate nella letteratura scientifica sulle adozioni, nonostante si tratti del periodo in cui si possono rilevare con maggiore completezza le conseguenze del vissuto adottivo.
La ricerca in questione, pur rilevando alcune “ombre” nel percorso di inserimento e integrazione dei ragazzi adottivi maggiorenni, sottolinea nel complesso un adattamento sociale positivo. Le problematiche evidenziate in infanzia e adolescenza sembrano infatti destinate progressivamente ad attenuarsi una volta che il ragazzo/a entra nell’età adulta, per fare posto a una condizione di maggiore equilibrio e a una propria visione di futuro propositiva.
L’approfondimento sul percorso formativo dei giovani intervistati fa emergere inevitabilmente le difficoltà scolastiche, con un sesto circa del campione che ha abbandonato gli studi precocemente e un giudizio di uscita dalle scuole medie nel complesso poco brillante Le variabili che sembrano incidere sulle difficoltà scolastiche sono l’età del bambino al momento dell’adozione e il genere. Quanti più anni si hanno all’arrivo in Italia tanto maggiori sono le difficoltà che il maggiorenne ha incontrato durante la sua esperienza scolastica, mentre, come da letteratura sull’argomento, sono i maschi, più delle femmine, ad aver avuto problemi nell’iter formativo.
Un ambito di ricerca interessante è stato l’approfondimento della partecipazione sociale. I risultati evidenziano che mentre la partecipazione sociale di natura più “critica”, come quella di tipo politico, coinvolge gli adottati meno dei figli biologici, lo sport e la religione sembrano costituire, per i primi, i canali di socializzazione preferenziali. Inoltre, gli adottati si adoperano significativamente di più in forme partecipative di volontariato sociale e assistenziale, rispetto ai loro pari figli biologici, sono cioè più propensi verso un tipo di partecipazione prosociale e altruistica.
Indagando il livello di soddisfazione verso differenti aspetti della vita, nonostante le innegabili difficoltà e avversità che i giovani adottati hanno vissuto in prima persona, i figli adottivi evidenziano un maggiore stato di benessere personale e relazionale se messi a confronto col campione di figli naturali. Su questo risultato, che sembrerebbe definire un pieno e positivo inserimento sociale, incidono probabilmente gli elevati livelli di sostegno provenienti dall’ambiente familiare, che compenserebbero i rischi e le difficoltà oggettive degli adottati, come ad esempio il loro rendimento scolastico, e darebbero luogo a maggiori livelli di percezione del benessere e diautostima. A questo c’è da aggiungere una sorta di consapevolezza che i giovani intervistati hanno su un destino che ha loro riservato più possibilità dei loro coetanei rimasti nel Paese di origine.
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