Una corte d’appello ha respinto il ricorso dei cattolici che si opponevano alla decisione dell’autorità di San Francisco sulle adozioni gay. I supervisori avevano condannato il Vaticano per aver ordinato alla Chatolic Charities, rete mondiale di enti di beneficenza, di discriminare l’adozione di bambini da parte di coppie gay o lesbiche. La nona Corte d’Appello di San Francisco dice no alla richiesta da parte di una organizzazione cattolica e di due cittadini di abrogare la decisione dei supervisors.
I supervisori avevano denunciato un decreto del cardinale William Levada, ex arcivescovo della città, che ora dirige la Congregazione per la Dottrina della Fede, il quale aveva affermato che permettere alle coppie gay e lesbiche di adottare bambini “equivale a recare violenza agli stessi“. I supervisori avevano bollato l’ordine del Vaticano come “odioso, discriminatorio, insulatante ed insensibile” e avevano esortato il successore di Levada, George Niederauer, e le Catholic Charities ad ignorare il divieto sulle adozioni omosessuali. Le associazioni benefiche avevano però risposto picche, bloccando le adozioni dei bambini ad ogni famiglia. Ed aveva accusato la città di aver violato l’obbligo costituzionale di essere neutrale nei confronti della religione. Ora arriva il responso negativo dei giudici, che ci tengono a sottolineare come oggetto del provvedimento sia una discriminazione, e non certo la Chiesa.
I supervisori avevano denunciato un decreto del cardinale William Levada, ex arcivescovo della città, che ora dirige la Congregazione per la Dottrina della Fede, il quale aveva affermato che permettere alle coppie gay e lesbiche di adottare bambini “equivale a recare violenza agli stessi“. I supervisori avevano bollato l’ordine del Vaticano come “odioso, discriminatorio, insulatante ed insensibile” e avevano esortato il successore di Levada, George Niederauer, e le Catholic Charities ad ignorare il divieto sulle adozioni omosessuali. Le associazioni benefiche avevano però risposto picche, bloccando le adozioni dei bambini ad ogni famiglia. Ed aveva accusato la città di aver violato l’obbligo costituzionale di essere neutrale nei confronti della religione. Ora arriva il responso negativo dei giudici, che ci tengono a sottolineare come oggetto del provvedimento sia una discriminazione, e non certo la Chiesa.
(Fonte Giornalettismo)
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