Nessuna agevolazione fiscale per le associazioni non-profit che vendono servizi a terzi, neanche nel caso in cui questa vendita sia sporadica, e i profitti "esigui". Lo ha affermato la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del Fisco nei confronti di una sentenza della Commissione tributaria regionale di Milano. La Commissione aveva dato ragione a una scuderia milanese costituita sotto forma di associazione non-profit che, occasionalmente, impartiva lezioni di equitazione e ospitava cavalli a pagamento.
L'Agenzia delle Entrate, in seguito ad un'ispezione della Guardia di Finanza, aveva contestato l'esistenza di un'attività imprenditoriale non dichiarata, chiedendo pertanto il pagamento di Irpeg, Irap e Iva. La scuderia aveva impugnato la decisione, e la Commissione tributaria di Milano le aveva dato ragione, ritenendo che la mancata revoca delle agevolazioni fiscali (nonostante la legge sia chiara in proposito) fosse giustificata "dall'esiguità delle prestazioni a favore di terzi".
Ma il peso economico delle prestazioni è irrilevante, ha affermato la Cassazione con l'ordinanza n.21875 del 26 ottobre 2010. "A mente dell'art.111 del Tuir - ha ricordato la Corte - è esclusa la natura commerciale delle attività svolte dagli enti associativi in favore dei propri associati e l'imponibilità delle somme da questi versate a titolo di quote associative ma non anche quella delle attività a pagamento svolte nei confronti dei terzi".
Chiaro. E tutto sommato scontato, ha commentato oggi il consulente non profit Carlo Mazzini, interpellato dal settimanale Vita: "La Cassazione non ha fatto nient'altro che ribadire la legge. La vera notizia semmai è che i primi gradi di giudizio si siano dimenticati di cosa prescrive la legge".
E quindi, replica Mazzini, non ha senso titolare, come fa oggi il quotidiano economico Italia Oggi, "Giro di vite fiscale sul no profit". Non c'è alcun giro di vite fiscale: perché un'associazione sia considerata non-profit, non deve fornire servizi a terzi, ma solo ai propri associati.
(Fonte Repubblica)
L'Agenzia delle Entrate, in seguito ad un'ispezione della Guardia di Finanza, aveva contestato l'esistenza di un'attività imprenditoriale non dichiarata, chiedendo pertanto il pagamento di Irpeg, Irap e Iva. La scuderia aveva impugnato la decisione, e la Commissione tributaria di Milano le aveva dato ragione, ritenendo che la mancata revoca delle agevolazioni fiscali (nonostante la legge sia chiara in proposito) fosse giustificata "dall'esiguità delle prestazioni a favore di terzi".
Ma il peso economico delle prestazioni è irrilevante, ha affermato la Cassazione con l'ordinanza n.21875 del 26 ottobre 2010. "A mente dell'art.111 del Tuir - ha ricordato la Corte - è esclusa la natura commerciale delle attività svolte dagli enti associativi in favore dei propri associati e l'imponibilità delle somme da questi versate a titolo di quote associative ma non anche quella delle attività a pagamento svolte nei confronti dei terzi".
Chiaro. E tutto sommato scontato, ha commentato oggi il consulente non profit Carlo Mazzini, interpellato dal settimanale Vita: "La Cassazione non ha fatto nient'altro che ribadire la legge. La vera notizia semmai è che i primi gradi di giudizio si siano dimenticati di cosa prescrive la legge".
E quindi, replica Mazzini, non ha senso titolare, come fa oggi il quotidiano economico Italia Oggi, "Giro di vite fiscale sul no profit". Non c'è alcun giro di vite fiscale: perché un'associazione sia considerata non-profit, non deve fornire servizi a terzi, ma solo ai propri associati.
(Fonte Repubblica)
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