lunedì 1 novembre 2010

Addio malaria: linee guida per un sogno non impossibile

"Sono più di due miliardi gli abitanti dei paesi che stanno cercando di eliminare la malaria: gli enti umanitari, l'Organizzazione Mondiale della Sanità 1 e la classe politica devono aiutare queste nazioni a perseguire il loro obiettivo". E' questo, in sintesi, l'appello della comunità scientifica affidato a un numero speciale di The Lancet 2, una delle più autorevoli riviste medico-scientifiche. Secondo i ricercatori, l'eliminazione della malattia - per la quale sono da tempo impegnate Ong come Cesvi 3, Celim Bergamo 4, Action Aid 5, solo per citarne alcune -  passa attraverso un'attenta analisi delle possibilità concrete di eradicare il parassita, lo sviluppo di una strategia innovativa che tenga conto di tutti i fattori in gioco e la consapevolezza che molto probabilmente combattere la malaria non sarà economicamente vantaggioso. Per giungere a queste conclusioni gli studiosi hanno messo insieme dati di epidemiologia, economia, politica pubblica e modelli matematici, in riferimento alle due principali specie responsabili della malaria, il Plasmodium falciparum e il Plasmodium vivax.
Centocinquanta anni fa anni fa la malaria era endemica in quasi tutte le nazioni, poi già negli anni Cinquanta del secolo scorso oltre la metà degli Stati era riuscita a eliminare i focolai endemici di trasmissione, combattendo soprattutto il mezzo che veicola i plasmodi, le zanzare. Attualmente, tra Asia, Africa e America Latina, sono novantanove le nazioni dove la malaria è un rischio per la salute pubblica. Tra queste, ben 32 stanno cercando di eliminarla dai propri territori, piuttosto che limitarsi contenerla. "E' una scelta difficile", sottolineano i ricercatori. "Bisogna fare i passi giusti, altrimenti il rischio è di vanificare tutti gli sforzi e aver sprecato risorse economiche". Dalla Cina al Messico, dal Botswana all'Iran, le trentadue nazioni differiscono notevolmente tra loro per economia, dimensioni e localizzazione geografica. Ad accomunarli è solo un aspetto: si trovano ai margini delle regioni in cui la malaria è fortemente radicata. In base alle previsioni attuali, molti di questi paesi potrebbero farcela nell'arco del prossimo decennio, ma solo riducendo passo passo i confini della malattia su scala globale sarà possibile eradicare completamente il parassita o comunque ridurre al minimo le infezioni. Della lista fanno parte Bhutan, Cina, Nord Corea, Georgia, Kyrgyzstan, Tajikistan, Uzbekistan, Azerbaijan, Capo Verde, El Salvador, Iran, Iraq, Paraguay, Filippine, Sao Tomé e Príncipe, Solomon Island, Sri Lanka, Swaziland, Vanuatu, Algeria, Argentina, Botswana, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Malesia, Messico, Namibia, Panama, Sudafrica, Turchia, Arabia Saudita e Sud Corea.
Come sottolina The Lancet, la vittoria sulla malaria può passare unicamente attraverso una serie di conquiste: a differenza che in passato, ora l'eliminazione del contagio malarico deve avvenire soprattutto combattendo P. vivax, il plasmodio meno conosciuto fra i due principali, ma quello presente in gran parte delle trentadue nazioni. "Le insidie della lotta a questo parassita  -  spiega in uno degli articoli Richard Feachem, professore di Salute Globale alle Università di California di Berkeley e San Francisco  -  sono diverse da quelle del classico P. falciparum: il fatto che il suo ciclo vitale comprenda una fase latente ne rende più difficile il contenimento. I farmaci hanno un'efficacia ridotta e non sappiamo in tempi brevi quali pazienti possano essere a rischio di emolisi se curati farmacologicamente".
Il nemico al di là dei confini. Un altro punto importante su cui lavorare è il controllo dei confini e la collaborazione tra nazioni limitrofe. Per scongiurare la possibilità che la malattia,  una volta eliminata, venga reintrodotta da paesi confinanti è necessario sviluppare strategie di cooperazione e una unione più solida degli sforzi. "E' solo attraverso una politica proattiva di aiuti agli Stati oltre i confini che le nazioni possono sperare di eliminare la malaria", ha precisato Bruno Moonen del Global Health Group. "Per questo, il controllo dell'immigrazione e lo sviluppo di robusti sistemi di sorveglianza sanitaria sono due elementi essenziali per ridurre il contagio e la reintroduzione".
A differenza di altri interventi sanitari globali, la lotta alla malaria ha caratteristiche che la rendono pressoché unica e che spesso sono state sottostimate nelle politiche di salute pubblica. Secondo gli autori, le organizzazioni umanitarie devono capire che per raggiungere l'eliminazione della malaria potrebbero volerci ancora diversi anni e che è dunque necessario un cambiamento nelle politiche di investimento: bisogna passare da un approccio in stile vaccinativo (come quello intrapreso per il vaiolo - grandi sforzi concentrati in un breve periodo di tempo) a una gestione economica di lungo termine. "Anche i singoli Stati devono accettare che il ritorno economico delle politiche di eliminazione del plasmodio potrà avvenire solo in tempi relativamente lunghi", spiegano gli autori. E poiché "è chiaro che le politiche sanitarie non possono basare il proprio razionale di intervento sul risparmio delle spese sanitarie a lungo raggio, sono altri i benefici che devono essere presi in considerazione". Benefici  -  conclude The Lancet  -  a cui non può essere dato un valore meramente economico.
(Fonte La Repubblica)

Nessun commento:

Posta un commento